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  • Spalletti, Ausilio e non solo: ecco come Marotta cambierà l'Inter

    Spalletti, Ausilio e non solo: ecco come Marotta cambierà l'Inter

    • Giancarlo Padovan
      Giancarlo Padovan
    Non è ancora chiaro a tutti che cosa Beppe Marotta farà all’Inter. Ma non sarà poco e non sarà  senza lo spargimento di qualche goccia di sangue. L’organico dirigenziale del club oggi è ridondante, tanto che solo quello tecnico lo supera: Luciano Spalletti ha ben 13 collaboratori tra vice allenatore, assistenti, preparatore dei portieri, preparatori atletici, football analysis manager, fitness data analyst e via discorrendo. Ma Steven Zhang, che è il figlio del padrone e quindi può tutto, non è da meno. Con l’ingresso di Marotta gli amministratori delegati sono diventati due: uno, c’era già, è Alessandro Antonello e si occupa della sezione amministrativa; l’altro - Marotta appunto - è stato destinato all’area sportiva. In vero non è una grande novità: anche alla Juve Marotta divideva il ruolo con Mazzia, a Milano lo farà con Antonello anche se non è difficile capire chi avrà maggiore potere e come lo eserciterà. 

    Marotta è un decisionista e lo si è visto da come ha gestito il caso-Nainggolan. Inoltre le sue decisioni ricadranno sull’area sportiva, quella che fa più notizia ed ha più rilievo, non solo per gli acquisti e le cessioni, ma anche per l’assegnazione dei ruoli principali. Il primo è quello di Luciano Spalletti cui Marotta ha già destinato un messaggio inequivocabile  punendo Nainggolan. Siccome tutti sanno che il belga è un calciatore fortemente voluto dall’allenatore e molti sapevano o intuivano di come Luciano avesse chiuso un occhio a proposito delle sue mancanza e mattane, il neo Ad ha voluto mettere le cose in chiaro: sui comportamenti extra calcio vigilo io e non accetto che qualcuno faccia, se pur a fin di bene, da complice. Marotta stima Spalletti da molto tempo, al punto di averlo presentato al presidente Andrea Agnelli come possibile sostituto di Conte prima e, se fosse andato via, di Allegri. Però il feeling tra il presidente juventino e l’ex allenatore della Roma non è mai scoccato e quell’ipotesi è rimasta sulla carta. Tuttavia l’episodio se, da una parte, spiega chiaramente quali siano i rapporti tra Marotta e Spalletti, dall’altra, indicano che non ci saranno zone di d’ombra o di privilegio. Chi sbaglia, al pari da chi manca l’obiettivo tecnico, paga con la perdita - momentanea o definitiva - del posto.

    In tutta sincerità non credo che, allo stato delle cose, Spalletti rischi di lasciare l’Inter. Anche se è chiaro che, per un terzo posto in linea con i desideri della società, c’è stata un’eliminazione dalla Champions dolorosa per la dirigenza e mal digerita dalla tifoseria. Penso che nel momento in cui Marotta si presenta dicendo che è “arrivato il momento di vincere” una coppa la si debba portar a casa o, almeno provare a farlo da subito. Insomma, fossi in Spalletti, vivrei l’arrivo di Marotta come quello di un severo esaminatore al quale interessano i risultati. Un’altra stagione di transizione - come quella scorsa - non è nell’ordine naturale delle cose.

    Diverso, ma solo un po’, è il discorso relativo a Piero Ausilio, direttore sportivo il cui lavoro potrebbe essere messo in ombra dall’ex juventino. Per quel che ne so, il mercato continuerà a dirigerlo Ausilio, ma il budget lo stabilirà Marotta che, a differenza di Antonello, conosce il valore dei giocatori, la loro quotazioni, le dinamiche degli affari, i colpi e le occasioni. Il direttore sportivo non cambia e non cambierà, avrà solo un po’ meno libertà di movimento. L’Inter ha bisogno sia di calciatori già pronti, sia di giovani di prospettiva. I primi, a differenza dei secondi, li conosce anche Marotta e questo renderà più dialettico il rapporto tra le due componenti del club.

    C’è infine da affrontare il nodo della provenienza e appartenenza degli uomini in società. Al di là della professionalità, che si dà per acquisita e di livello in tutti, certi profili professionali incarnano scelte fatte prima da Moratti e poi da Thohir. Possibile che dove non sono intervenuti gli Zhang, padre e figlio, intervenga proprio il nuovo arrivato che ha ricevuto l’imprimatur direttamente dalla Cina. Non sarà una rivoluzione, ma tutti sono in discussione in un quadro di cambiamenti necessari. Altrimenti aver strappato alla Juve un manager di prim’ordine, non avrebbe avuto senso né dal punto di vista tecnico-politico, né da quello economico. 

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