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  • Teorici e pragmatici, il dibattito sugli allenatori: Sarri e Guardiola osano, Allegri e Conte no

    Teorici e pragmatici, il dibattito sugli allenatori: Sarri e Guardiola osano, Allegri e Conte no

    • Fernando Pernambuco
      Fernando Pernambuco
    Anni fa, una musa dell’intelligenza transalpina, Marguerite Duras (nota anche da noi per il romanzo “L’amante”) intervistò per "Liberation" Michel Platini, ovvero colui che sdoganò il calcio francese in Europa. Prima era stato un fenomeno locale, dopo diventò internazionale. Con gli europei (sempre "le roi") e, in seguito, il Mondiale (Zidane). La Duras (lo ricorda Il Corriere della Sera) gli fece una domanda che riecheggia l’odierna equazione allegriana tra quadrupedi e calciatori. "In fondo - chiese la celebre scrittrice - voi giocatori siete come i cavalli". Platini rispose: "Ci mancano i paraocchi". Come dire: abbiamo il libero arbitrio, dobbiamo scegliere. Ora, stabilito che non sono i paraocchi a far vincere un "Arc de Triomphe", c’è da chiedersi quale sia, nel calcio contemporaneo, il rapporto tra spartito ed esecuzione o, per emigrare nel cinema, tra sceneggiatura e messa in scena. Bernardo Bertolucci, ma anche Truffaut e Godard, usavano la sceneggiatura come una base su cui, in parte, improvvisare. Rachmaninov, eccelso autore e pianista, dopo aver ascoltato Horowitz suonare il suo "Concerto per pianoforte e orchestra n° 2", decise di non eseguirlo più direttamente. 

    Insomma, alla fine, sono gli interpreti "senza paraocchi" a realizzare lo spartito o il copione. L’allenatore prepara, programma, ma conta meno d'un regista o un direttore d’orchestra, che detta i tempi, colora l’interpretazione, varia la sceneggiatura, e, comunque, dà direttamente l’impronta. La differenza è fra allenatori che lasciano maggiore o minore libertà d’interpretazione. Tra teorici o pragmatici. I primi (Sacchi, Zeman, Sarri, Guardiola, Fonseca...) osano e rischiano; i secondi (Allegri, Conte, Ranieri, Inzaghi...) si adeguano alla realtà e attendono. Volgarmente: squadre maschio, squadre femmina. Brera, mentore della mentalità e della fisiologia italiche, predicava la femminilità. La globalizzazione del calcio ha cambiato i parametri: i giocatori vengono da tutto il mondo e il risultato immediato non è tutto, ma il tempo è poco. Poco per i tifosi, per il marketing, per il ranking, per gli sponsor, per i Presidenti. Questa è la grande difficoltà del calcio contemporaneo: l’impazienza. Chi ha pazienza all’inizio può andare in crisi, ma poi può ottenere non solo vittorie, anche nuovi orizzonti. Le crisi non sono sempre deleterie. Anzi. L’ideogramma giapponese per la parola "crisi" è composta da due parole: rischio/opportunità. Diamo il tempo alle opportunità di realizzarsi

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