Teorici e pragmatici, il dibattito sugli allenatori: Sarri e Guardiola osano, Allegri e Conte no
Insomma, alla fine, sono gli interpreti "senza paraocchi" a realizzare lo spartito o il copione. L’allenatore prepara, programma, ma conta meno d'un regista o un direttore d’orchestra, che detta i tempi, colora l’interpretazione, varia la sceneggiatura, e, comunque, dà direttamente l’impronta. La differenza è fra allenatori che lasciano maggiore o minore libertà d’interpretazione. Tra teorici o pragmatici. I primi (Sacchi, Zeman, Sarri, Guardiola, Fonseca...) osano e rischiano; i secondi (Allegri, Conte, Ranieri, Inzaghi...) si adeguano alla realtà e attendono. Volgarmente: squadre maschio, squadre femmina. Brera, mentore della mentalità e della fisiologia italiche, predicava la femminilità. La globalizzazione del calcio ha cambiato i parametri: i giocatori vengono da tutto il mondo e il risultato immediato non è tutto, ma il tempo è poco. Poco per i tifosi, per il marketing, per il ranking, per gli sponsor, per i Presidenti. Questa è la grande difficoltà del calcio contemporaneo: l’impazienza. Chi ha pazienza all’inizio può andare in crisi, ma poi può ottenere non solo vittorie, anche nuovi orizzonti. Le crisi non sono sempre deleterie. Anzi. L’ideogramma giapponese per la parola "crisi" è composta da due parole: rischio/opportunità. Diamo il tempo alle opportunità di realizzarsi.