Tra Eca ed El è impossibile scegliere. Cairo la pianti di fare lo scudiero di Tebas
Di questa dinamica autodistruttiva, ECA e EL sono ben consapevoli. Cionondimeno, non possono fare a meno di proseguire nello scontro. Le posizioni maturate sono troppo decise e distanti per lasciare spazio al ripensamento e alla ricomposizione. Dalla parte dell'ECA c'è l'accelerazione verso la Superlega europea, il torneo del privilegio istituzionalizzato in favore dei club più ricchi e potenti del continente. Sul versante opposto, quello dell'EL, c'è una difesa dei campionati nazionali e dell'equità competitiva che giunge troppo tardi per non apparire una posizione rabberciata. Molto più onesto sarebbe, da parte dell'organo che rappresenta le leghe professionistiche europee, ammettere tutte le inadempienze e le miopie politiche del passato recente. Quando le principali leghe nazionali e poi la stessa EL (fino a un anno fa denominata European Professional Football Leagues, EPFL) non sono riuscite a gestire e controllare i crescenti appetiti dei club che adesso guidano le strategie ECA, e che delle leghe continuano a essere parte organica.
Ma ciò che più di ogni altra cosa spiega perché mai si dovrebbe prendere posizione in questo Gioco della Torre fra ECA e EL – meglio abbattere la Torre, in certe circostanze – è il confronto che improvvisamente si è acceso fra i loro leader. Da una parte Andrea Agnelli, presidente ECA in grave crisi di leadership, e sulla cui inadeguatezza a ricoprire il ruolo ci siamo espressi di recente. Dall'altra Javier Tebas, presidente della Liga spagnola che è diventato in questi giorni il capo informale dell'EL. Quest'ultimo organismo, dal canto suo, un presidente ce l'avrebbe. Si tratta di Lars-Christer Olsson, soggetto che ha avuto tempo di dimostrare debolezza e incapacità strategica. In tale vuoto di potere dell'EL si è inserito Javier Tebas. Personaggio molto controverso, che a fondo verrà raccontato in un nostro libro di prossima pubblicazione. Fino a pochi mesi fa Tebas era lanciatissimo verso un ruolo da commissioner della futura Superlega e riceveva elogi proprio da Agnelli. Ma le cose cambiano, e le lotte per il potere rendono nemici gli amici di ieri l'altro. E dunque adesso Tebas è il leader forte di uno schieramento debole, contrapposto al leader indebolito (Agnelli) di uno schieramento che continua invece ad avere dalla sua la forza economica e l'appoggio (non convintissimo, invero) dell'Uefa. E in questa contrapposizione prova a ritagliarsi uno spazio il presidente torinista Urbano Cairo. Che di Tebas ha sostenuto la candidatura al ruolo di presidente o di amministratore delegato della Lega di Serie A. Col solo risultato di fare ottenere al dirigente spagnolo un lauto aumento di stipendio da parte della Liga. Ma Cairo persevera, e in questi giorni occupa le colonne dei (suoi) media per fare lo scudiero di Tebas e l'aspirante leader di un fronte italiano anti-Agnelli. Presidente, un consiglio: si chéti. E cerchi di scegliersi meglio alleati e padrini, ché altrimenti il dominio di Agnelli sul calcio italiano rischia d'andare avanti indisturbato per i prossimi vent'anni.