Calciomercato.com

  • Xavi, i 40 anni di un mito: dagli esordi col Barça al “gran rifiuto”
Xavi, i 40 anni di un mito: dagli esordi col Barça al “gran rifiuto”

Xavi, i 40 anni di un mito: dagli esordi col Barça al “gran rifiuto”

  • Alessandro Catanzaro
Oggi compie 40 anni uno dei calciatori più completi e vincenti del XXI secolo, Xavier Hernández Creus, noto a tutti come Xavi. Nato a Terrassa, a una manciata di chilometri da Barcellona, e cresciuto calcisticamente nella Masia blaugrana, si capisce da subito che è un predestinato: entra in prima squadra a 18 anni, tra l’altro vincendo la Liga al primo tentativo, e non ne esce più. In quella rosa ha accanto un certo Pep Guardiola, figura chiave da cui il giovane Xavi imparerà, da regista, come far girare l’intera squadra.

Sarà proprio con Guardiola allenatore, qualche anno più tardi, che Xavi si consacrerà definitivamente come top del ruolo: un centrocampista polivalente con una visione di gioco fuori dal comune unita a una tecnica sopraffina. In quel Barcellona, entrato nella storia del calcio, tra le altre cose, per essere l’unica squadra ad aver vinto sei trofei in un anno solare (il 2009), è difficile trovare giocatori scarsi. C’è Leo Messi al massimo della forma, per dirne uno a caso. Però il fulcro del tiqui-tacaguardiolesco, una sorta di gigantesco torello che non fa mai toccare palla agli avversari, ruota attorno al centrocampo. Sì, perché oltre a Xavi lì gioca anche il suo gemello calcistico, Andrés Iniesta. Xavi è il 6, Iniesta è l’8: numeri che in nazionale i due si scambiano, i risultati però rimangono gli stessi. D’altronde è significativo che Messi il mondiale non l’abbia mai vinto, Xavi e Iniesta invece sì.

Proprio la Coppa del Mondo 2010 in Sudafrica è la gemma più preziosa della carriera di Xavi nelle Furie Rosse, incastonata tra due europei che noi italiani ci ricordiamo bene. In entrambi i casi veniamo sconfitti dagli spagnoli: nel 2008 ai rigori ai quarti, nel 2012 con un umiliante 4-0 in finale a Kiev, partita in cui Xavi si mette in evidenza servendo due assist ai compagni. Pur essendo tra i protagonisti della stagione più vincente della selezione iberica, Xavi ha però mantenuto un fiero orgoglio catalano, come dimostrato lo scorso ottobre, quando su Instagram ha commentato con un eloquente “Vergogna” in tre lingue la conferma delle condanne ai leader indipendentisti da parte del Tribunale Supremo spagnolo. In questo, tra l’altro, ha idee del tutto simili al suo ex compagno Piqué e al suo mentore Guardiola. 

Proprio come Pep, poi, Xavi ha deciso di andare in Qatar per vivere la fase conclusiva della sua carriera da calciatore. Dato che è un vincente nato, prima di trasferirsi all’Al-Sadd di Doha, nel 2015, ha ottenuto, da capitano, il suo secondo triplete col Barça. Poi, prima di ritirarsi, si è anche andato a prendere, sempre da capitano, il campionato del Qatar. Ha chiuso l’attività agonistica lo scorso maggio, con la bellezza di 1.133 presenze ufficiali e 33 trofei vinti tra nazionale (incluse le selezioni giovanili) e squadre di club.

Nel piccolo Stato del Golfo Persico Xavi e famiglia (la moglie Núria e i figli Asia e Dan) si trovano bene. Così lui, che nel frattempo è stato anche nominato ambasciatore dei discussi mondiali del 2022, ha deciso di rimanerci per inaugurare la sua carriera da allenatore, sempre alla guida dell’Al-Sadd. Prima dell’avvio della stagione, Xavi ha portato la squadra in ritiro in Catalogna e, alla sua prima intervista da tecnico, ha dichiarato di avere come punto di riferimento Guardiola (e chi se no?) e di sognare un giorno di tornare ad allenare il Barcellona. 

Forse non si aspettava che il club lo prendesse alla lettera: esonerato Valverde dopo la sconfitta in Supercoppa di Spagna, i dirigenti blaugrana gli hanno offerto la panchina non più tardi di due settimane fa. Incredibilmente, lui ha rifiutato: “Era troppo presto”, ha dichiarato. Una decisione sorprendente per gli addetti ai lavori. Ma in fondo è possibile che anche per questa scelta Xavi abbia seguito nella sua testa un percorso perfettamente razionale, così come faceva quando, in campo, dettava lo spartito con precisione e puntualità assolute.

Altre Notizie