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  • Zizinho, l'idolo di Pelé. Vederlo giocare era come veder dipingere Leonardo Da Vinci
Zizinho, l'idolo di Pelé. Vederlo giocare era come veder dipingere Leonardo Da Vinci

Zizinho, l'idolo di Pelé. Vederlo giocare era come veder dipingere Leonardo Da Vinci

  • Remo Gandolfi
    Remo Gandolfi
Nel 1950 avevo dieci anni.
Credo che le lacrime che versai in quel maledetto anno furono superiori a quelle che piansi poi nel resto della mia vita.
Se nasci in Brasile è impossibile non amare il calcio.
Il calcio è dappertutto. Giocato sulle spiagge, nei cortili e in mezzo alla strada. Se ne parla nei bar, al lavoro o nelle scuole.
A Rio de Janeiro poi non c’è che l’imbarazzo della scelta con tutte le grandi squadre che ci sono.
A casa mia però c’era solo il rosso e il nero. Quello del Flamengo.
Non c’erano i soldi per andare ogni settimana al “Gàvea” ma quando mio zio riusciva a portare me e mio cugino a vedere il “Fla” era sempre una festa.
Avevo 8 anni quando vidi per la prima volta giocare il Flamengo.
Era una partita del campionato “Carioca”, quello di Rio.
Era il 15 agosto del 1948.
Mio zio mi portò a vedere una partita del campionato Carioca contro il CANTO DO RIO.
Era un po’ la squadra Cenerentola del campionato ma per un bambino di 8 anni “malato” di calcio era come assistere al derby con il Fluminense o il Botafogo.
Vincemmo per 7 reti a zero e Zizinho sembrava un marziano, arrivato da un altro pianeta per insegnare calcio. Danzava con la palla tra i piedi, evitava gli avversari quasi senza sforzo. Muoveva leggermente il bacino, fintando di andare in una direzione e poi andava in quella opposta. Era capace di mettere la palla sui piedi ad un compagno a 40 metri di distanza. Calciava forte e preciso. Con entrambi i piedi. Ricordo che chiesi a mio zio se “Mestre Ziza” come lo chiamavano già tutti all’epoca era mancino o destro di piede …
“Credo che non lo sappia nemmeno lui !” mi rispose mio zio.
Ne fui stregato a tal punto che non guardavo più neanche gli altri giocatori. Seguivo Zizinho, anche quando non aveva la palla tra i piedi.
Un giorno mio zio prese i biglietti per un’altra partita del Flamengo. Credo fosse la stagione successiva.
Il Flamengo giocava con il Vasco da Gama che in quel momento era la squadra più forte di tutte. Quei biglietti costarono a mio zio parecchi cruzeiros e per lui che faceva il meccanico non fu un sacrificio da poco.
Alla radio però annunciarono che Zizinho non avrebbe giocato a causa di un problema ad un ginocchio. A quel punto dissi a mio zio che non sarei andato alla partita, che non mi interessava.
Ci rimase malissimo. “E’ la partita più importante del campionato ! Come puoi dirmi che non ti interessa ?”.
Allora non c’era ancora il campionato Nazionale e noi pensavamo che Rio comunque fosse il centro del mondo e vincere quel campionato l’unica cosa che contava veramente.
Non erano anni felicissimi per il Flamengo.
Non solo il Vasco da Gama ma anche Botafogo e Fluminense erano più forti di noi.
Ma a me importava poco.
Io avevo occhi solo per lui, per il calciatore che illuminava con la sua classe ogni singola partita dei miei adorati rossoneri.
Che si vincesse o si perdesse.
Thomaz Soares da Silva, per tutti “ZIZINHO”.
Fu lui che ci condusse ad inizio degli anni ’40 a tre titoli consecutivi. Io ero troppo piccolino per ricordarlo ma ricordavo mio zio che parlava di lui continuamente, anche con mia madre che faceva l’infermiera e di calcio non ne sapeva nulla.
Era al Flamengo da sempre e io ero convinto che da qui non si sarebbe mai mosso.
Invece in quella primavera del 1950 dopo un’infinita diatriba con il Presidente Dario de Mello Pinto e tutta la dirigenza Zizinho se ne andò dal Flamengo per giocare nel Bangu.
Io non ci potevo credere.
Che senso aveva ora andare a vedere il “Fla” senza di lui ?
Piansi disperatamente per settimane.
Mio zio cercò di consolarmi in tutti i modi.
“Ormai i suoi anni migliori sono passati. Con tutti i cruzeiros che ha versato il Bangu nelle nostre casse potremo acquistare giocatori altrettanto bravi e più giovani”

Addirittura ci fu qualcuno che provò a screditarne il nome.
“Se ne va solo per il denaro. Credevamo amasse il Flamengo e invece è solo un mercenario”.
Non ci potevo credere.
Dopo tutto quello che aveva fatto per noi, per la gioia che con il suo gioco ci aveva regalato.
Poi arrivarono i Mondiali di Calcio.
Riuscimmo ad andare solo ad una partita.
Quella con la Spagna.
Vincemmo 6 a 1 e Zizinho giocò una partita straordinaria.
Quel giorno tornando a casa dal Maracanà dissi a mio zio che se quello era un giocatore finito gli altri 21 in campo cos’erano ? Dei morti ?
Mio zio mi sorrise.
“Su non prendertela. L’importante è che ci faccia vincere la Coppa del Mondo. Poi magari fra un anno si accorgerà dell’errore e tornerà con noi”.
Tre giorni dopo giocammo l’ultima partita di quei Mondiali.
Quella contro l’Uruguay.
Quel giorno non fui il solo a piangere.
Quel giorno pianse l’intero Brasile.


ANEDDOTI E CURIOSITA’
Zizinho è stato l’idolo unico e assoluto di Pelè.

“Non c’era nessuno come lui. Poteva giocare in ogni ruolo del centrocampo o dell’attacco, calciava con la stessa potenza e precisione di destro o di sinistro e la sua visione di gioco era impressionante. E nonostante non fosse certo un gigante in campo non aveva timore di nessuno” così lo ricorda “O’Rey”.

In quel Mondiale Zizinho fu costretto a saltare le prime due partite per infortunio.
Quando tornò in squadra trasformò letteralmente il gioco del Brasile.
Alla fine di quel Mondiale fu eletto miglior giocatore del Torneo.

Zizinho perse il padre quando aveva solo 7 anni.
La madre decise allora di trasferirsi a Niteroi, una bellissima cittadina ad una ventina di km da Rio dove aveva trovato lavoro come infermiera.
Zizinho tentò di entrare, senza fortuna, nella sua squadra del cuore: l’AMERICA di Rio de Janeiro, ma fu ritenuto troppo gracile e piccolino.
Le sue doti non passarono però inosservate ad Otto Vieira, assistente dell’allenatore del Flamengo Flavio Costa che lo portò ad allenarsi con la prima squadra.
Alla fine del suo primissimo allenamento con il “Fla” Flavio Costa gli disse “Figliolo, vai a prendere un po’ di roba a casa e poi torna qua subito. Da oggi tu sei un calciatore del Flamengo”.

Passano pochi giorni. Si gioca una partita amichevole. Leonidas, che ha qualche guaio fisico, chiede il cambio dopo pochi minuti. A Zizinho viene chiesto di salire al suo posto. Flavio Costa gli dice “ragazzo, so che non sei un centravanti ma provaci lo stesso. E’ solo un allenamento.” Zizinho gioca e segna due gol. “Figliolo … sicuro che tu non hai mai
giocato centravanti prima ?” gli chiederà sorridendo l’allenatore del Fla ha fine partita.

Al suo esordio in prima squadra si trovò a giocare con il fenomenale centravanti Leonidas da Silva, che con i suoi gol (fu il primo utilizzatore seriale della “rovesciata”, detta “bicicleta”) portò il Flamengo al titolo Carioca nel 1939.
Ceduto Leonidas al San Paolo ad inizio del 1942 Zizinho diventò a quel punto il leader assoluto del team e l’idolo indiscusso della Torcida del “Fla”.

In Nazionale la ferita del “Maracanazo” non si rimarginerà mai più. Zizinho non parteciperà ai Campionati Sudamericani del 1953 in Perù a causa di disaccordi con la Federazione e si comporterà da autentico signore quando nel 1954, chiamato per partecipare con la Nazionale Brasiliana ai Mondiali in Svizzera rifiuterà perché “non è giusto che tolga il posto ad uno dei ragazzi che si è conquistato la qualificazione sul campo”.

Il suo trasferimento dal Flamengo al Bangu fu una ferita che non si rimarginò mai per il “Maestro Ziza” come veniva soprannominato il grande centrocampista brasiliano.

La trattativa tra i due presidenti, Dario de Mello Pinto del Flamengo e Guilherme de Silveira Filho del Bangu, è al confine tra storia e leggenda.
Pare che fu il presidente del Flamengo a contattare quello del Bangu. L’obiettivo era portare nelle file dei rossoneri il promettente attaccante Mariano, esploso nella stagione precedente nelle file del Bangu.
A quel punto “Silveirinha”, il presidente del Bangu chiede in cambio un giocatore del Flamengo più un importante conguaglio in Cruzeiros.
Pinto propone diversi nomi ma nessuno convince il massimo dirigente del Bangu che a quel punto tenta il tutto per tutto.

“Quanto vale per lei Zizinho ?” chiede al Presidente del Flamengo.
Dario de Mello Pinto spara una cifra esorbitante, assurda per l’epoca.
“800.000 cruezeiros”.

Guilherme de Silveira Filho non fa una piega.
“Affare fatto. Le darò questo denaro e anche Mariano. E noi ci prendiamo Zizinho”.
Dario de Mello Pinto rimane senza parole.
Sa di aver fatto una follia imperdonabile, ma non solo la parola data è sacra … al tavolo con loro ci sono diversi testimoni e a quel punto non si può più tornare indietro.
Zizinho, il più forte calciatore del Brasile, lascia il Flamengo per il Bangu.
Zizinho è costretto ad accettare e a quel punto firma un contratto in bianco con la sua nuova società.
“Chi è disposto a pagare tanto denaro per me vuol dire che di me ha una grande stima. E io non posso fare altro che ricambiarla.”
Con lui il Bangu diventò da un giorno all’altro una squadra di vertice del campionato di Rio de Janeiro.
Per una squadra che non si piazzava tra le prime quattro dal 1934 arrivano due terzi posti nel ’50 e nel ’54, un quarto
posto nel ’52 e addirittura un secondo posto nel 1951, dietro il Fluminense e davanti a Botafogo e Flamengo.

Nel 1957, a 36 anni, lascia il Bangu e Rio de Janeiro per trasferirsi al San Paolo.
A volerlo a tutti i costi è il famoso “mago” ungherese Bela Guttmann
, rimasto in Brasile dopo una tournèe con la sua Honved in concomitanza con l’invasione russa del suo Paese.
I metodi rivoluzionari di questo grandissimo allenatore riportarono ai vertici il San Paolo dopo alcune stagioni non fortunate. La svolta arriva proprio con l’ingresso in squadra di Zizinho. 8 vittorie e due pareggi nelle ultime 10 partite consegnano il titolo al San Paolo e Zizinho, per l’ennesima volta, si rivelò decisivo.

Quando Zizinho è ormai un ex-calciatore arriva un’offerta da un Club cileno, neppure di primissimo piano. E’ l’AUDAX ITALIANO. Il “passo” non è più quello di un tempo e neppure la resistenza. Però “vede” ancora il calcio come pochi e la
palla non c’è proprio verso di toglierla.
Giocherà 16 partite, segnerà tre gol e se ne andrà lasciando il solito grande ricordo: quello di un professionista serissimo e di un uomo di grande spessore.
Al termine del celeberrimo Mondiale del 1950 tutti, ancora oggi, parlano di “grande sorpresa”, di risultato inatteso e clamoroso, del piccolo Uruguay che sconfigge il gigante Brasile.
Zizinho disse qualcosa di assai diverso.
“L’Uruguay era semplicemente più forte di noi. E meritò quel titolo”.

Uno dei riconoscimenti più importanti e graditi al grande centrocampista brasiliano arrivò durante quei mondiali da un giornalista italiano della Gazzetta dello Sport, Giordano Fattori.
Parlando di Zizinho disse che “vedere giocare a calcio Zizinho è come immaginare Leonardo da Vinci mentre dipinge una delle sue opere”.
Zizinho morirà nel 2002, a 80 anni. In una delle sue ultime interviste, nell’estate del 2000, alla domanda del giornalista che gli chiese cosa fece nei giorni successivi alla sconfitta con l’Uruguay in quel Mondiale riuscì a dire solo che “non riuscivo più a dormire … “ prima che la commozione gli impedì di dire altro e, scusandosi, chiese al giornalista di
interrompere l’intervista.

Di quel giorno maledetto rimase però qualcosa di molto intenso e importante per Zizinho. La grande amicizia che nacque con Obdulio Varela, capitano di quell’Uruguay e giocatore di grande spessore e personalità e che andò avanti per anni da quel giorno.

Eduardo Galeano, uno dei più grandi scrittori sudamericani di ogni epoca, dedicherà un capitolo al rapporto tra questi due grandi campioni nel suo meraviglioso libro “Los Hijos de los Dias”.

Il capitolo s’intitola “Mi querido enemigo”.
Le ultime parole sono del giocatore cresciuto con Zizinho come punto di riferimento assoluto: il grande “O’Rey” Pelè.
“Credo che Zizinho sia stato il più grande calciatore brasiliano a non aver potuto alzare al cielo una Coppa del Mondo.

Purtroppo di lui non ci sono che poche immagine sbiadite perché in caso contrario vi garantisco che ancora oggi si parlerebbe molto più di lui che di altri venuti dopo e di qualità assai inferiore”.

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