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  • Aroldo Ruschioni: questo è un campione!

    Aroldo Ruschioni: questo è un campione!

    • Fernando Pernambuco
    Rattrista la notizia che Rio stia tagliando copiosamente gli investimenti per i prossimi Giochi Paraolimpici. Quattro anni fa, a Londra, i Giochi per i diversamente abili furono i più seguiti e visti della storia. Oggi, per quelli del Brasile si teme l’insuccesso: tagli ai servizi, ai mezzi di trasporto, al cibo, all’ illuminazione, raggruppamenti delle gare al parco olimpico per risparmiare sugli impianti. Le due nuove discipline, canoa e paratriathlon, rischiano di grosso.

    Sir Philip Craven, Presidente dell’ International Paralympic Committe, ha ammesso che “questo è il momento più difficile nella storia della sua organizzazione. Luca Pancalli, Presidente del Comitato paraolimpico italiano, si è detto “molto preoccupato”.

    Le Paraolimpiadi hanno conosciuto di peggio, come in occasione delle Olimpiadi di Città del Messico, quando il paese ospitante si rifiutò di organizzarle perché non voleva assumere impegni economici, ma, pur in una clima di crisi come quello attuale, dispiace notare come non tutto possa essere soppesato col metro economico. Vi sono valori umani, legati allo sport ( e non solo) che dovrebbero essere svicolati dagli imperativi del pareggio di bilancio o del guadagno economico.

    I giochi Paraolimpici, al di là della spettacolarità e della delicatissima funzione sociale, rappresentano una specie di memento che riaccende la luce su quel vasto mondo diversamente abile, da tutti conosciuto e da quasi tutti dimenticato.

    L’Italia può farsi vanto di essere stata, in questo, l’apripista. I primi Giochi Paraolimpici Estivi si svolsero a Roma nel 1960. Tre anni prima, il neuropsichiatra Antonio Maglio aveva inaugurato il Centro Paraplegici Villa Marina dell’ Inail ad Ostia. Su esempio del neurochirurgo inglese Guttmann, che a Stoke Mandeville nei pressi di Londra, aveva inaugurato un centro di recupero per reduci di guerra utilizzando lo sport, Maglio, sotto l’egida dell’ Inail, cominciò ad organizzare allenamenti, gare e tornei per tutti coloro che erano finiti in carrozzella “offesi dal lavoro”. 

    Nelle prime Paraolimpiadi della storia l’Italia vinse 80 medaglie, giungendo al primo posto. Oggi è undicesima nel ranking mondiale, con quasi 60 mila tesserati.

    Un bellissimo documentario, intitolato “E poi vincemmo l’oro” racconta le vicende di atleti diversamente abili da quei primi Giochi di Roma. Fra tante voci, quella di Aroldo Ruschioni (oro nel tennis da tavolo in doppio, argento nella sciabola a squadre, bronzo nel dorso nel ’60 a Roma) vale più di qualsiasi manifesto, petizione o predica: “ Ho partecipato a 4 Olimpiadi in tutto. Eravamo giovani e di belle speranze. Ebbi l’incidente nell’ officina elettromeccanica di mio padre: caddi in un pozzo mentre montavamo le pompe per tirare fuori l’acqua. Frattura di una vertebra e lesione del midollo spinale. Sono rimasto sulla sedia a rotelle che ero un ragazzo, andai a Ostia nel centro per mielolesi di Maglio. Non c’interessava la pietà, ma vivere. Eravamo amici, allenamenti insieme e poi la sera a cena fuori. Lo sport mi ha fatto conoscere il mondo e aprire la testa, viaggiavamo, prendevo l’aereo che non avevo mai preso. Abbiamo abbattuto barriere fisiche e mentali. Anche in Italia, non voglio pensare di perdere il mio tempo a discutere dell’inciviltà di chi parcheggia nel posto disabili, penso piuttosto alle possibilità che ci sono ancora di divertirsi e d’imparare. Sono stato sposato con Ottavia, infermiera a Ostia, poi lei se ne andata, ma la vita deve andare avanti. Abbiamo le forze, tutto merito dello sport. Io non cambio con nessuno la mia vita.” Aroldo Ruschioni, 84 anni, se non è un campione questo, chi lo è?

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