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  • Non solo Belotti: i flop del campionato

    Non solo Belotti: i flop del campionato

    • Giancarlo Padovan
    Quali sono le maggiori delusioni della stagione calcistica che si sta per chiudere con il settimo scudetto alla Juventus?
    Pur senza la pretesa di un’analisi assoluta, ho individuato tre attaccanti che hanno segnato poco o pochissimo, che sono stati pagati tanto o per i quali è stato chiesto tantissimo, tutti segnati da problemi fisici, nessuno fino ad oggi in grado di dare qualche segno di reazione ad una sorta di disagio tecnico permanente.
    I tre profili conducono a Patrik Schick, 22 anni, passato l’estate scorsa dalla Sampdoria alla Roma, dopo essere transitato da Torino, sponda Juve (visite mediche non superate) e avere accarezzato la possibilità di essere ingaggiato dall’Inter. 
    Schick è stato pagato dalla Roma quaranta milioni e risulta essere ad oggi l’acquisto più caro nella storia della società giallorossa. In 20 presenze ha segnato due reti, mentre l’anno scorso, con la maglia della Sampdoria, ne realizzò 11, di cui 6 da subentrato, vincendo la platonicissima classifica dei capocannonieri della panchina. Acquistato non solo per il suo rendimento, ma per le qualità tecniche indubbie supportate da un fisico rilevante (1,86 per 73 chilogrammi), Schick si potrà rifare l’anno prossimo, con o senza Dzeko, ben sapendo che un’altra stagione mediocre inciderebbe non poco, oltre che sulla valutazione che subirebbe un deprezzamento, anche sul prosieguo della sua carriera.
    Molto incautamente, poco dopo il suo arrivo a Roma, Schick parlò del suo approdo nella capitale come di una tappa di avvicinamento a club di prima grandezza. I fatti lo hanno smentito. Non solo il suo rendimento è stato basso e, quando non era basso, è stato poco costante, ma la Roma ha dimostrato di essere uno dei top club d’Europa arrivando alla semifinale di Champions League. Il ceco deve lavorare di più, sognare di meno, cercare una dimensione agonistica che ancora non ha. Roma è una grande piazza e lui deve meritarsela con le prestazioni e con i gol. 
    La sua fortuna è che sia il tecnico sia la società credono ciecamente in lui, sanno che quest’anno lavorerà con il gruppo fin dall’inizio, sperano che i contrattempi fisici non lo bersaglino come in passato.
    La seconda delusione è Andrea Belotti, 25 anni (non più un ragazzo), attaccante e capitano del Torino, autore di nove reti, senza rigori. Il rilievo relativo ai rigori non è solo statistico, Andrea ne sbaglia troppi: sei su tredici calciati tra Palermo e Torino, cinque degli ultimi sette, due su due in questo campionato e precisamente con Chievo e Milan.
    Ora non c’è troppo da disquisire a proprosito dei rigori. Neppure Higuain è un rigorista, ma nessuno si sogna di metterne in dubbio le qualità offensive. Parlo di Higuain perché alla Juve è costato 90 milioni, mentre il presidente del Torino, Urbano Cairo, per Belotti, all’ultimo mercato, ne avrebbe preteso addirittura cento. 
    Però è chiaro a tutti che quella valutazione resta pura teoria. Due le ragioni.
    La prima. Cairo ha ribadito in questi giorni di volersi tenere Belotti.
    La seconda. Nessuno offrirebbe una cifra del genere, ma anche una in qualche modo solo  avvicinabile, dopo una stagione come questa.
    Oltre ad avere conosciuto la panchina per scelta tecnica, Belotti in granata era sempre andato in doppia cifra (12 gol nel 2015-2016; 26 l’anno passato), spesso centrando la porta avversaria di testa. La scorsa stagione ne fece 10, più di qualsiasi altro, quest’anno nessuno. Si dirà che tra MIhajlovic e Mazzarri sono venuti meno i cross. Può essere, ma come mai un difensore come De Silvestri, ha realizzato quattro gol tutti di testa?
    C’è di più, cioé di meno. Dei 9 gol realizzati quest’anno, 8 sono stati ottenuti in casa, il che fa diminuire il peso specifico delle segnature.
    Terzo caso, terzo nome. Domenico Berardi, 23 anni, un calciatore che dal 2013-2014 ad oggi, quanto a gol, è andato in decrescita, come fosse colpito da una inspiegabile involuzione. 16 gol in quella stagione, 15 nella successiva, 7 nel 2015-2016, 5 gol l’anno scorso, 3, di cui due su rigore, quest’anno.
    Eppure al di là dei numeri - produzione esclusiva dello statistico Massimo Fiandrino - ci fu un tempo in cui le gesta di Berardi ci sembravano assolutamente formidabili. Il 12 gennaio 2014 in Sassuolo-Milan, la gara che determinò l’esonero di Massimiliano Allegri in rossonero, Domenico realizzò quattro gol, il secondo calciatore più giovane della storia (19 anni), dopo Piola, a compiere un’impresa simile.
    Convocato da Antonio Conte in nazionale per le gare contro Azerbaijan e Norvegia (era il 2015), Berardi dovette rinunciare per uno dei suoi soliti infortuni.
    Ancora l’estate scorsa il Sassuolo ne faceva una valutazione intorno ai trenta milioni. La sensazione è che, se ancora esiste qualche estimatore del giocatore, sia disposto a pagarlo non più della metà. Paradossalmente, Berardi non sta rischiando di bruciarsi in una grande, ma in un club medio-piccolo, dove lo hanno scoperto e cresciuto. Un’altra anomalia difficilmente spiegabile. 

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