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  • Tardelli in ESCLUSIVA fa le carte a Buffon: 'Dovrai parare la solitudine'

    Tardelli in ESCLUSIVA fa le carte a Buffon: 'Dovrai parare la solitudine'

    • Marco Bernardini
    Come il titolo del bellissimo romanzo scritto, nel 1974, da Osvaldo Soriano ma con una piccola correzione lessicale: “Triste, solitario ma non final”. E’ la sintesi, futuribile, di ciò che si trova appena dietro l’angolo della vita professionale di uno tra gli ultimi e autentici cavalli di razza i quali hanno galoppato sulle grandi praterie del calcio rendendolo leggenda.

    E’ il destino fatalmente scontato, che si appresta a scrivere un nuovo capitolo anche umano nel diario di Gigi Buffon il quale, da persona consapevole qual è, non può fingere di ignorare il suono della campana la quale annuncia il suo ultimo giro di giostra come capitano e protagonista della Juventus. E’ la legge ferrea stabilita dal trascorrere del tempo e vale per tutti, nessuno escluso. Un momento complicato da gestire e probabilmente anche doloroso la cui gestione impone lucidità mentale e nervi ben saldi per evitare di sbarellare emotivamente e di essere ingoiati dal buco nero della depressione. Quando le luci di scena si spengono e il sipario cala di fronte a una platea ormai buia e deserta.Triste e solitario rimane l’eroe.

    Ne sa qualcosa Marco Tardelli, per esempio. Lui che, fin da ragazzino, si immerse totalmente nel grande oceano del pallone per andarne a scoprire le realtà più profonde e misteriose diventando una cosa sola con quell’ambiente così diverso da quello proposto dal mano affascinante “trantran” della normalità.

    Calciatore a tutto tondo e non soltanto per contratto e qualità intrinseche fu lo “Schizzo” nazionale simbolo di un sogno chiamato calcio. Poi, un giorno, gli toccò riemergere per doversi confrontare con una realtà completamente diversa. Si ritrovò, lo ricordo bene perché ero con lui, sdraiato sul lettino dei massaggi dentro uno spogliatoi freddo e desolato a fare i conti con le sue gambe che non lo avevano più retto dopo una trentina di minuti di gioco. A San Gallo, città di una Svizzera già molto tedesca, dove era stato ingaggiato per rendere meno perfido il tempo libero ai nostri lavoratori emigrati. L’urlo di Tardelli per il dolore era ben diverso da quello, storico ed epocale, di Madrid. Fu su quel lettino che capì l’antifona. La festa era finita e lui si doveva preparare ad affrontare un mondo nuovo e sconosciuto. Solitario era rimasto l’eroe.

    Ricordi, Marco, non è vero?
    “Assolutamente sì. Il trauma psicologico provocato dal dover prendere atto che si stava chiudendo definitivamente il capitolo più importante della mia esistenza mi impediva quasi di pensare oltreché di parlare. Non voglio usare frasi pesanti o troppo impegnative, ma fu come se una parte di me stesso in quel momento di dismissioni definitive stesse morendo. Credo che, a chi di più e a chi di meno, capiti a tutti i giocatori. Le reazioni, poi, possono essere differenti”.

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