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  • Aspettando Tottenham-Liverpool, coi martiri dell'Heysel nel cuore

    Aspettando Tottenham-Liverpool, coi martiri dell'Heysel nel cuore

    • Marco Bernardini
      Marco Bernardini
    Scrive bene il vecchio amico e collega Roberto Beccantini quando con il suo ”post” invita tutti i veri appassionati di calcio a fare un minuto di assoluto silenzio nel corso della giornata di oggi. Interviene con la solita grande sensibilità di uomo autentico Giovanni Trapattoni firmando sul suo account Twitter una frase semplice ma potente: “Tornare indietro non è possibile. Per questo è essenziale ricordare”. Fa il suo dovere la società Juventus a pubblicare un lungo e circostanziato comunicato per descrivere la più grande tragedia che lo sport possa rammentare e per stringersi intorno alle famiglie dei trentanove martiri caduti in una notte assurda. Trentaquattro anni fa. Stadio Heysel di Bruxelles.

    Dimenticare mai. Anche se, con il trascorrere del tempo, le affettuose lontananze si fanno più sfocate o comunque meno nitide. Per fortuna e per autodifesa dell’inconscio. Troppo sangue e troppo dolore avevano imbrattato quella che avrebbe dovuto rappresentare una festa per il calcio internazionale. Rancore e odio però servono a nulla. Le cose, da allora, sono profondamente mutate, almeno per ciò che riguarda i feroci protagonisti di quella mattanza subita non dagli ultras bianconeri, ma da tifosi tranquilli e per bene. Quelli che il pallone era un gioco e che il destino radunò nella “Curva Z” per trasformarli, loro malgrado, in vittime sacrificali latori di un messaggio che avrebbe fatto il giro del mondo, provvedendo a fare in modo che le cose cambiassero almeno un poco. Anche la morte talvolta può essere utile se ce la fa a cambiare la vita.



    Oggi e da tempo gli hooligans non esistono più. Esiste il Liverpool, come squadra e come società di ottimo calcio. Il team di Klopp che, sabato, giocherà la prestigiosa finale di Champions contro il Tottenham di Pochettino. Due allenatori “chiacchierati” proprio in chiave Juventus. E proprio quel Liverpool che fece, incolpevolmente, da miccia per l’esplosione della follia dei suoi supporter ubriachi e strafatti. Una Coppa del Campioni, così ancora si chiamava, che nessuno juventino autentico trova il coraggio di elencare insieme con i tanti trofei collezionati dalla Signora. Il gol, su rigore inesistente, segnato da Platini non sarà mai una medaglia al valore, ma una macchia insopportabile per la memoria. Nonostante il peso insopportabile del masso che grava sui cuori e che fa male nelle teste, dopo il minuto di silenzio davvero partecipato, avviamoci ad attendere la finalissima di sabato con animo sportivamente leggero, pensando al Liverpool di oggi come la squadra della città che originò i pacifisti Beatles. Faranno così anche i trentanove “spiriti”. Anche se, come scriveva il grande Vittorio Zucconi, gli spiriti non dimenticano. Ma neppure odiano.

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