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  • Nkoulou: 'Anche in Italia ci sono ancora i razzisti'. Kouamé: 'Io li ignoro'

    Nkoulou: 'Anche in Italia ci sono ancora i razzisti'. Kouamé: 'Io li ignoro'

    Il difensore del Torino, Nicolas Nkoulou ha dichiarato in un'intervista alla Gazzetta dello Sport: "Il mio cognome si scrive tutto attaccato senza apostrofo, nel dialetto betsi del Camerun significa 'tornado'". 

    "Devo molto alla Kadji Sport Academy, è un centro di formazione che produce da sempre ottimi talenti come Eto’o, Mbia, Kameni. È stato importante essere passato da lì, mi ha permesso di crescere e raggiungere il mio sogno. Il mio sangue è camerunese, appena posso torno a trovare la nonna e i parenti. Sono apolitico, io gioco a calcio, non mi esprimo. Dico solo che il Camerun è bellissimo. Capisco di poter essere un modello, per questo cerco sempre di tirare fuori la parte migliore di me per indicare la strada giusta chi mi guarda. Tornerò in nazionale con Seedorf? Non posso dirlo ora: avevo deciso di rifiutare la convocazione, e in questo momento la situazione non è cambiata". 

    "Sono molto fiero di aver giocato in Francia. Belle esperienze, ottimi ricordi, compresa Lione. Aver lavorato con tecnici come Bielsa e Deschamps a Marsiglia mi ha aiutato a diventare il giocatore di oggi. Se sei nuovo o straniero, come nel mio caso, devi fare uno sforzo in più. Io mi sono adattato al progetto. Quando mi hanno parlato del Toro ero orgoglioso di poter giocare qui. Ho provato subito a concentrarmi solo sul lavoro, penso di aver raggiunto un buon rendimento e di avere buoni rapporti con staff e società. La mia è una lotta quotidiana per ripagare tanta fiducia". 

    "Mazzarri sa ascoltare tutti, va oltre l’aspetto tecnico. Per un giocatore è importante avere un rapporto diretto, di fiducia, con l’allenatore. Se si creano confidenza e una certa intesa il rendimento ne trae giovamento. Questo ruolo di regista difensivo l’avevo già fatto a Marsiglia con Bielsa, ma ne avevo una conoscenza parziale, con Mazzarri mi sto completando. Ci sono sfumature diverse, è un altro lavoro: devo dare le coperture ai compagni in difesa, avere una visione più ampia dell’azione. Mi piace molto. Io non considero il Toro una squadra, ma una vera famiglia. Non credo che sia giusto in questo momento fissare obiettivi, dobbiamo pensare solo a lavorare giorno per giorno. Di certo, stiamo crescendo tanto". 

    "Il mio idolo? Laurent Blanc, è stato molto importante studiarlo. L’imprinting in Italia è molto forte sulla tattica. Io sono contento di poter giocare in Italia perché sotto questo aspetto è come studiare all’università. Il livello era talmente alto prima che fare confronti è difficile. In ogni partita vedo ottimi difensori in campionato, penso a Chiellini. Credo che per il calcio italiano sia solo un periodo di transizione. Passerà". 

    "Domenica sarà una gara molto difficile: il Napoli è una delle migliori in Serie A. Bisognerà essere concentrati, attenti, anche se — a dire la verità — preferisco incontrarli ora che non sono forse ancora al top della condizione. Sicuramente meritavamo di avere qualche punto in più. Ma non guardiamoci indietro, continuiamo a lavorare per recuperare ciò che è stato perso". 

    "C'è il razzismo in Italia? Sì, purtroppo. Ed è un vero peccato che nel 2018 se ne debba parlare ancora. Noi di colore ci consideriamo fratelli con tutti, ma purtroppo per qualcun altro non è così. Dovremmo smetterla, non se ne dovrebbe nemmeno più discutere, ma purtroppo è invece un tema ancora presente". 


    Sempre alla Gazzetta dello Sport ha parlato anche l'attaccante del Genoa, Christian Kouamé: "Ho giocato in tutte le categorie e sono cresciuto un passo alla volta. Ho fatto la Primavera con Sassuolo e Inter, la C con il Prato e, prima di arrivare qui, la B con il Cittadella. In Veneto sono stato benissimo: posto tranquillo, tutto a portata di mano, società modello. L’ideale per un giovane. Anche qui a Genova ho scelto la maglia numero 11, in onore del mio idolo Drogba. Ma per il resto cambia tutto. La città è grande e la pressione maggiore. Ma mi piacciono le sfide". 

    "Domenica scorsa sono diventato papà. Non ce l’aspettavamo, la scadenza era il 20 settembre. Invece la mia compagna, che vive a Parigi, ha cominciato ad avere dolori sabato. Pensavo fosse un falso allarme, come nei giorni precedenti. Invece quando vedevo che non mi rispondeva più ai messaggi ho capito che era in ospedale: domenica mattina ha partorito. Contro il Bologna avevo una sensazione strana: dentro di me c’era qualcosa in più. Finita la gara sono volato a Parigi: emozione indescrivibile. Ora non vedo l’ora che mio figlio sia accanto a me. Stiamo facendo i documenti e a breve mi raggiungeranno tutti e due a Genova. Sono consapevole che non sarà più come prima: sono cresciuto, ora ho una famiglia mia e più responsabilità". 

    "In campo sono sempre allegro e mi piace scherzare. Anche qui ho mantenuto l’abitudine di festeggiare i miei gol con un balletto. Quello con l’Empoli l’ho copiato da un gruppo musicale della Costa d’Avorio, il mio paese, con il quale prima o poi spero di giocare in nazionale. L’Italia? Qui sto benissimo, ma per prendere la cittadinanza ci vorrebbero altri cinque anni e poi alle mie radici ci tengo. In Costa d’Avorio ci sono ancora i miei genitori e mio fratello: non li vedo da 5 anni, mi mancano tanto, e la prossima estate vado a trovarli, anche per fargli vedere il bambino". 

    "In Italia mi ha aiutato la famiglia di Prato che mi ha accolto quando sono arrivato. La sento ancora adesso tutti i giorni e appena può, qualcuno di loro viene qui a trovarmi. Tra i nuovi compagni ho legato con Dalmonte. Abitiamo in centro, siamo vicini di casa e facciamo praticamente tutto assieme". 

    "Piatek? Ci completiamo: a me piace attaccare gli spazi, a lui buttarla dentro… All’inizio non pensavo fosse cosi forte, ma dopo i primi allenamenti mi sono dovuto ricredere. Domenica a Roma contro la Lazio, i cui tifosi spesso sono stati ostili con i giocatori di colore? Ci ho già giocato contro lo scorso anno in Coppa Italia e non è successo niente. Spero sia così anche stavolta. Comunque, le persone poco intelligenti vanno ignorate". 
     

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