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  • Sampmania: il nuovo Andersen, il nuovo Praet, il nuovo Torreira

    Sampmania: il nuovo Andersen, il nuovo Praet, il nuovo Torreira

    • Lorenzo Montaldo
    Quando ti parlano del nuovo Andersen, del nuovo Praet e del nuovo Torreira, guai ad alzare gli occhi e a far notare che forse forse è ancora presto per lanciarsi in questo genere di paragoni. D’altro canto, se sei quart’ultimo a metà campionato, un motivo ci sarà, no?  Le risposte che ti senti dare, se osi sollevare questo genere di obiezioni, sono sempre le stesse: Di Francesco, la squadra confusa, gli americani, il pubblico che critica, i giornalai etc etc. Figurarsi dopo un 5-1 contro il Brescia. E pazienza se si corre il pericolo di illudersi e di sovrastimarsi. Poi arriva la Lazio, che ti massacra e ti calpesta, e all’improvviso magari ti rendi conto che Chabot non è Andersen e Vieira non sarà mai Torreira, e che Thorsby è un ragazzo simpatico e dinamico, ma prima di diventare Praet deve ancora mangiare parecchia pastasciutta. Ma intanto Andersen, Torreira e Praet faticano con Lione, Arsenal e Leicester, no? Che soddisfazione. Vuoi mettere prendere cinque pappine dalla Lazio a Roma, e doversi guardare da Brescia, Spal, Lecce e Genoa?

    Ah già, è vero, come dite? Anche quella Sampdoria aveva incassato sette ceffoni a Roma? Sì, ma la squadra di Giampaolo era salva da due mesi, anzi, per un certo periodo era rimasta persino in corsa per l’Europa League. Però quanto annoiava… Questa invece è una formazione chiamata - sulla carta - a giocare ogni partita con la bava alla bocca. Ciò non significa dover vincere a Roma, contro la squadra più in forma del campionato, nessuno con un minimo di conoscenza calcistica lo può chiedere, ma magari non dare l’impressione di una formazione già placidamente adagiata sulla convinzione di essere ormai salva. Ero terrorizzato dalla reazione post Brescia, ma onestamente non sono troppo preoccupato dal fatto di essere stato letteralmente triturato e sminuzzato dalla Lazio. Ce lo si poteva attendere, lo sapeva anche Ranieri. Pazienza, a patto di ripartire con ordine e con la mentalità delle scorse due settimane.

    Volete sapere invece cos’è che mi fa imbestialire? Siamo noi tifosi, che ci aggrappiamo alla prima partita decente di un calciatore per gridare al nuovo fenomeno, alla nuova plusvalenza. Siamo noi, che riteniamo un difensore dopo due partite forte tanto quanto un centrale diventato titolare all’Inter, o uno comprato a peso d’oro dal Lione. Siamo noi, costretti a esultare perchè in cassa entrano 15 milioni, frutto del regalo fatto con la cessione di uno dei migliori centravanti della Serie A, solo perchè ciò dovrebbe (potrebbe?) garantire un paio di rinforzi. Rinforzi che per inciso sarebbero dovuti arrivare a Genova sei mesi fa, e che rappresentano il minimo sindacale per potersi confermare in Serie A. A farmi innervosire sono quelli che si/ci illudono di poter rimanere aggrappati alla classifica attuale senza innesti dopo una vittoria in casa contro la penultima della classe. “Gli acquisti restano indispensabili, anzi, spero che la vittoria non lasci passare il messaggio opposto, che possiamo sintetizzare con ‘A posto così, siamo ultra competitivi’ made in Galliani”, c’era scritto nello scorso Sampmania, e il pensiero lo ripropongo oggi.

    Quello che resta oggi, invece, è un gran disordine. E’ una società che cede in fretta e furia uno dei quattro difensori centrali di ruolo rimasti in rosa dopo l’infortunio del titolare, senza avere ancora l’idea di un eventuale sostituto. E’ una società ridotta a tirare sul prezzo di un giocatore - Tonelli -  che serve come il pane, discutendo su pochi 'spiccioli', quando il calciatore in questione è di fatto ai margini della rosa nella sua attuale squadra. La perfetta sintesi della confusione che regna in casa Sampdoria, dopo il 5-1 di Roma, sono le parole del direttore sportivo blucerchiato, ossia il povero Osti, che avrà parecchi difetti ma è rimasto l’unico volto di una società attualmente latitante. Il ds doriano nel pre partita ha cercato di tirarsi fuori dall’impiccio dell’intervista a Sky con una supercazzola degna di ‘Amici Miei’: “Prima di tutto non vogliamo indebolirci “. Ma dai? “Se riusciremo anche a rinforzarci sarà una cosa positiva”. Davvero? La chicca finale, però, è l’ultima dichiarazione: “Caprari resta? Non so dirlo, lo sapremo il 2 febbraio”. E’ l’esemplare dimostrazione della programmaticità di una Sampdoria che, se non sta affondando, lo deve soltanto al pragmatismo del signore in panchina, autore sin qui di un vero e proprio miracolo. Lunga vita a Ranieri, anche dopo cinque schiaffoni con la Lazio. Al prossimo che mi parla del nuovo Torreira, del nuovo Praet e del nuovo Andersen, oppure che cita (erroneamente, tra l’altro) la frase di Boskov sul perdere una partita 5-0 o cinque partite 1-0,  invece, giuro che tolgo il saluto. 

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