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  • Shesternyov, il capitano generoso dell'URSS, e quel testa o croce con Facchetti

    Shesternyov, il capitano generoso dell'URSS, e quel testa o croce con Facchetti

    • Remo Gandolfi
      Remo Gandolfi
    E’ il 5 giugno del 1968. A Napoli si gioca la semifinale della Coppa delle Nazioni europee, quello che dalla successiva edizione diventerà il Campionato Europeo UEFA.
    Di fronte ci sono gli azzurri di Ferruccio Valcareggi e l’Unione Sovietica, vincitrice della prima edizione del 1960 disputata in Francia e finalista quattro anni dopo, sconfitta dalla Spagna, la nazione che aveva ospitato la fase finale.
    Mentre gli azzurri si sono sbarazzati a fatica della Bulgaria di Georgi Asparuhov nei quarti (grazie soprattutto ai gol di Pierino Prati) per l’URSS l’impresa è stata ancora più sofferta e difficile.
    La sconfitta in Ungheria dell’andata dei quarti di finale (zero a due) pareva aver compromesso in maniera definitiva le chanche di partecipare alla fase finale che allora era riservata solo alle quattro semifinaliste.
    Invece allo stadio “Lenin” di Mosca, gremito da oltre 90mila spettatori, l’URSS riesce nell’impresa.
    Sarà un tre a zero netto e senza appello, grazie alle reti di Solymosi (autogol), di Murtaz Khurtsilava e di Ananatoliy Bishovets.
    Quel giorno su Napoli si è abbattuto un forte temporale e le condizioni del campo non sono certo quelle ideali per vedere giocare del buon calcio.
    Neanche il tempo di dare inizio alle ostilità che il numero “10” degli azzurri, il talentuoso Gianni Rivera, si infortuna in uno scontro con Valentin Afonin.
    All’epoca non esistono le sostituzioni e di fatto l’Italia rimane in dieci dopo poco più di cinque minuti di gioco.
    Come è normale che sia sono i sovietici a prendere l’iniziativa e ad avere il comando delle operazioni. Gli azzurri però si difendono con ordine e ogni tanto provano a impensierire la difesa dell’URSS imperniata sul loro libero e capitano Albert Shesternyov.
    Il risultato resta inchiodato sullo zero a zero e si va così ai supplementari.
    Dopo pochi minuti l’Italia perde anche Giancarlo Bercellino, il difensore della Juventus e questo costringe Prati, Mazzola e Domenghini, i tre giocatori azzurri più avanzati, a preoccuparsi quasi unicamente di dare una mano alla difesa.
    Mancano due minuti al termine dei supplementari quando un lungo lancio dalle retrovie di Facchetti pesca Pierino Prati al limite dell’area avversaria, circondato però da due difensori sovietici.
    “Pierino la peste” riesce a stoppare il pallone di petto proprio mentre sta per arrivare di gran carriera Angelo Domenghini, l’ala destra degli azzurri.
    Il suo tiro è un autentica cannonata ... che però va a colpire il palo alla sinistra dell’immobile Pshenichnikov, portiere dell’Urss, e poi tornare in campo. 
    Sembra proprio che la fortuna non sia dalla parte degli azzurri e quando arriva il fischio finale dell’arbitro tedesco Kurt Tschenscher gli azzurri si stanno ancora disperando per la grande occasione sfumata.
    Ora però occorre mandare una squadra in finale e l’unica soluzione all’epoca è quella di lanciare una monetina e sperare di aver scelto la parte giusta.
    Giacinto Facchetti e Albert Shesternyov scendono negli spogliatoi insieme all’arbitro tedesco.
    Il San Paolo e tutti gli appassionati italiani che stanno seguendo l’incontro in tv trattengono il fiato.
    “Croce” è la scelta di Giacinto Facchetti ... anche se non è chiaro se sia stato lui o il collega sovietico il primo a scegliere ...
    Esce croce e quando il terzino sinistro dell’Inter riemerge dagli spogliatoi trionfante i 70 mila del San Paolo possono festeggiare.
    L’Italia è in finale mentre l’URSS si dovrà accontentare della “finalina” del terzo posto contro l’Inghilterra campione del mondo in carica.

    Albert Shesternyov nasce a Mosca il 20 giugno del 1941.
    Due giorni dopo, con “l’Operazione Barbarossa” la Germania nazista di Hitler attaccherà l’Unione Sovietica.
    Il padre, tenente colonnello dell’esercito, partirà immediatamente per il fronte.
    Albert verrà cresciuto dalla madre e dalle zie insieme alle due sorelle Rita e Tonya, entrambe più grandi di lui.
    Da bambino la sua salute è estremamente cagionevole.
    Si ammala di polmonite ma quando verso la fine della guerra la famiglia torna a Mosca il ragazzo inizia a fare sport, scoprendosi presto un talento naturale in diverse discipline.
    Eccelle nella pallavolo, nel salto in alto e in lungo ma il suo futuro, a detti dei tecnici della Lokomotiv che all’epoca seguono il ragazzo, è nell’atletica leggera
    E’ campione regionale nei cento metri che corre in 11 secondi e a 16 anni molti lo vedono già come il più grande decatleta russo di sempre.
    Il problema è che il giovane Albert è innamorato del calcio ed è talmente bravo chea soli diciassette anni fa il suo esordio nel CSKA Mosca, che sarà anche la sua squadra di Club per tutta la carriera.
    E’ alto, fortissimo fisicamente e nel gioco aereo e la sua “lettura” delle situazioni di gioco è di primissima qualità.
    Le sue doti di leadership sono evidenti fin da subito e nel giro di poche stagioni gli viene affidata la fascia di capitano della squadra.
    A vent’anni fa il suo esordio in Nazionale dove giocherà novanta incontri nell’arco di dieci stagioni.
    Il suo record di presenze sarà battuto solo da Oleg Blokhin e da Rinat Dasaev.
    In quel periodo sono tanti i club europei di spicco che provano a strappare Shesternyov al CSKA, squadra all’epoca appartenente all’Armata Sovietica.
    Non se ne farà nulla, anche per le rigide regole dell’epoca che impedivano ai calciatori sovietici di trasferirsi all’estero.
    L’esplosione definitiva arriva durante i Mondiali inglesi del 1966 dove l’Unione Sovitica, partita senza troppi proclami, si rivela invece una compagine solidissima, estremamente organizzata e con alcune individualità di primissimo livello.
    Lev Jašin, a 37 anni, si conferma in quei Mondiali ancora uno dei migliori del mondo nel suo ruolo ma giocatori come il centrocampista Valerij Voronin e il nostro Shesternyov entreranno in quasi tutte le “formazioni ideali” di quella edizione.
    Il quarto posto finale è il giusto premio per le eccellenti prestazioni degli uomini di Nikolaj Morozov anche se, passato inosservato ai più, rimane il cruccio per la poca fortuna incontrata dai sovietici nella semifinale contro la Germania Ovest. Shesternyov infatti riuscì a scendere in campo solo grazie ad un’infiltrazione alla spalla destra infortunatasi nella precedente partita con l’Ungheria.
    Non solo. Nel primo tempo József Szabó, il forte centrocampista della Dynamo Kiev, si infortuna alla caviglia e, con l’impossibilità di effettuare sostituzioni, lascia di fatto in dieci i suoi.
    Prima della fine del primo tempo, con i tedeschi in vantaggio per una rete a zero, c’è l’episodio che condanna definitivamente i sovietici. Held entra deciso su Igor' Čislenko. Gli ruba palla e scatta sulla sinistra. Čislenko gli rifila un calcio da dietro. Niente di violento, il classico sgambetto. La “sceneggiata” dell’ala tedesca è degna del miglior Merola. Concetto Lo Bello, il celeberrimo arbitro italiano, abbocca immediatamente ed espelle l’attaccante sovietico.
    L’URSS, ridotto praticamente in nove, riesce a resistere per buona parte del secondo tempo agli attacchi tedeschi in buona parte grazie alle eccellenti prestazioni di Shesternyov e del “vecchio” Jašin ... che però nulla può sul siluro da fuori area di Franz Beckenabauer.
    Appare poco più che platonico il gol a tre minuti dalla fine del  Valerij Porkujan (viziato probabilmente da un fallo sul portiere tedesco Tilkowski) ma in realtà il match riserva un ultimo brivido.
    Quando è giù iniziato l’ultimo minuto di gioco è Anatoli Banişevski ad andarsene sulla fascia sinistra. Il suo cross è perfetto. E’ ancora Porkujan ad avventarsi sul pallone. Il suo colpo di testa, con Tilkowsli battuto, finisce fuori per una questione di centimetri.
    Detto dell’Europeo del 1968 e della sfortunata scelta della monetina è il 1970 è l’anno probabilmente più importante nella carriera di Albert Shesternyov.
    E’ l’anno in cui finalmente riesce a portare il suo CSKA al titolo dopo quasi vent’anni di astinenza.
    Viene votato miglior calciatore sovietico dell’anno e la sua posizione, di capitano e di leader della difesa, è indiscutibilmente confermata anche ai Mondiali messicani di quell’estate.
    Rispetto all’undici sceso in campo contro gli azzurri soltanto due sono i giocatori che hanno mantenuto il loro posto: Anatoliy Bishovets e appunto Albert Shesternyov.
    Dopo un avvio brillante nel girone di qualificazione (due vittorie e un pareggio contro i padroni di casa del Messico) ai sovietici tocca l’Uruguay.
    Le due squadre si equivalgono e quella che si disputa a Città del Messico il 14 giugno del 1970 è una partita tiratissima ed equilibrata.
    Sarà un singolo gol dell’uruguaiano Victor Espàrrago a quattro minuti dalla fine dei supplementari a permettere alla “celeste” di qualificarsi.
    Shesternyov non ha neppure stavolta deluso le attese.
    Anzi, nel ruolo di libero “classico” si è rivelato all’altezza dei più grandi specialisti del ruolo di quel mondiale e il suo nome è stato accostato spesso a quelli di Franz Beckenbauer, Bobby Moore, del brasiliano Piazza e del nostro Pierluigi Cera.
    Al termine di quel 1970 Shesternyov viene proclamato “Miglior calciatore sovietico dell’anno” e a soli 29 anni ci sono ancora tanti trofei per cui lottare.
    Il destino però ha in serbo altro.
    L’anno successivo subisce un grave infortunio al ginocchio.
    Sarebbe opportuna un’operazione e fermarsi per il tempo necessario ad un pieno recupero.
    Ma ci sono le qualificazioni per gli Europei in Belgio del 1972 e c’è il CSKA che non ha avuto un brillante avvio di stagione.
    Shesternyov continua a giocare, tra infiltrazioni e il ginocchio che continua a gonfiarsi.
    Il recupero completo non arriverà mai.
    Quando finalmente si decide di ricorrere all’operazione è ormai troppo tardi. Nei primi mesi del 1972 Albert Shesternyov deve arrendersi.
    Non ha ancora trentuno anni e non è difficile pensare che le sue novanta presenze in Nazionale sarebbero state molte di più e che Oleg Blokhine, primatista con centododici nella storia della Nazionale Sovietica ... primatista non lo sarebbe probabilmente stato.
    Albert prova da allenare, ottiene anche qualche bel risultato ma a metà anni ’80 è di fatto fuori dal calcio.
    Sprofonda in una grave depressione dove l’alcol diventa il suo rifugio.
    Albert Shesternyov, il più grande difensore della storia del calcio dell’ex Unione Sovietica morirà di cirrosi epatica a soli 53 anni nel novembre del 1994.
    Bellissime le parole del compagno di Nazionale Valentin Ivanov.
    «Prima di ogni partita rassicurava con la sua grande serenità i compagni della difesa» ricorda Ivanov. «Voi giocate d’anticipo e con la massima tranquillità. Se qualcosa dovesse andare storto non preoccupatevi. Dietro di voi ci sarò io a coprirvi e se l’avversario dovesse farci gol la colpa sarà mia, non vostra» erano le rassicuranti parole di Albert ai compagni di reparto.
     

     
    ANEDDOTI E CURIOSITA’
     
    Davvero curiosa è la storia legata al nome di battesimo di Shesternyov.
    In famiglia si era deciso di chiamare il figlio Valery.

    Sui registri però spuntò fuori il nome di “Albert”, nome di cui, a detta delle sorelle della mamma del piccolo Shesternyov, nessuno in famiglia conosceva neppure l’esistenza.
    Rimane il fatto che per la famiglia e gli amici più cari “Albert” non sarà mai utilizzato mentre per tutti sarà sempre e solo “Valery”.
     
    L’inizio della carriera calcistica di Shesternyov fu però tra i pali della porta.
    Fu, come spesso accade, il caso a cambiare il destino del giovane e aitante ragazzo moscovita.
    Ad una partita amichevole con le giovanili della Lokomotiv si presentarono soltanto nove giocatori. In porta venne schierato il portiere di riserva e Albert fu schierato in attacco.
    La Lokomotiv vinse per nove reti ad una e l’improvvisato attaccante Shesternyov segnò ben sei di quelle reti.
     
    Molto meno chiara fu la decisione di spostarlo al centro della difesa.
    Grigorij Pinaičev, nuovo allenatore del CSKA, è colui che decide per lo spostamento del ragazzo al centro della difesa.
    In una delle prime partite nel suo nuovo ruolo la CSKA affronta la squadra moldava (allora nella Prima divisione sovietica) dello Zimbru Chișinău.
    Il CSKA vince per sei reti a quattro ... ma i quattro gol subiti sono un grande cruccio per il giovane Shesternyov.
    «Ero convinto che la mia carriera da difensore fosse finita quel giorno. Invece mi diedero fiducia e poche settimane dopo feci addirittura il mio esordio in nazionale» ricordò in seguito Albert/Valery.
     
    Una delle partite che rappresentarono la svolta nella carriera di Shesternov fu quella giocata il 13 ottobre 1963 contro l’Italia, in un match valido per le qualificazioni agli Europei di Spagna.
    Davanti ad oltre centomila spettatori nel Central Lenin Stadium di Mosca i sovietici hanno la meglio sugli azzurri di Edmondo Fabbri.
    Un due a zero netto in parte agevolato dalla prematura espulsione del bolognese Pascutti.
    La partita di Shesternyov però non passa inosservata.
    Né per i tifosi russi e neppure per i media italiani.
    Aldo Coradello sulla Gazzetta dello Sport scriverà che “"La maggior parte degli specialisti e dei calciatori russi ha indicato all'unanimità Rivera come il miglior giocatore dell'Italia. Tuttavia, Rivera non ha avuto la possibilità di fare nulla di utile. Era troppo sorvegliato. Il merito di aver "annullato" il miglior attaccante dell'Italia è di Shesternyov, che ha così dato un grande contributo alla vittoria della squadra sovietica. Non far giocare per un'ora e mezza un giocatore come Rivera, dotato di ottima tecnica, veloce e intelligente, non è un compito facile. Shesternyov ci è riuscito.
    Alla fase finale della Coppa Europa per Nazioni del 1964 partecipano oltre ai padroni di casa della Spagna e all’Unione Sovietica anche Ungheria e Danimarca.
    Sono proprio i danesi gli avversari dell’URSS in semifinale.
    Un paio di giorni prima della sfida del Camp Nou i giocatori sovietici si stanno allenando sulla spiaggia.
    Shesternyov mette un piede su un coccio di bottiglia mentre sta correndo in spiaggia.
    Le condizioni del suo piede sono preoccupanti.
    Shesternyov prega il medico della squadra nazionale sovietica Oleg Belakovsky di non farne menzione ad alcuno, primo fra tutti l’allenatore della squadra Konstantin Beskov.
    L’URSS vincerà l’incontro per tre reti a zero e Shesternyov giocherà l’ennesima partita perfetta.
     
    Un’altra delle caratteristiche riconosciute ad Albert Shesternyov era la generosità.
    A fine mondiale sia Puma che Adidas, le principali marche di scarpe da calcio dell’epoca, alle “stelle” di quel mondiale regalarono borse intere di scarpini di tutti i tipi, da allenamento e partita.
    Al primo allenamento della nuova stagione con il CSKA Shesternyov si presenta nello spogliatoio con un grande sacco.
    Lo svuota al centro dello spogliatoio e poi si rivolge ai compagni di squadra.
    «Ragazzi, prendete pure quello che può farmi comodo. Io il mio paio l’ho già preso. Ora tocca a voi»
     

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